Cosa visitare

La Terra di Pollutri

Coloro che descrivono l'aspetto di Pollutri nell'antichità si lasciano ingannare dalla stampa sottostante che mostra costruzioni di fantasia: cinta muraria, bastioni, campanili svettanti, chiese con cupole. Essa fu disegnata nell'ultimo decennio del Seicento per ingraziarsi don Cesare Michelangelo d'Avalos marchese del Vasto nonché conte di Monteodorisio e quindi anche di Pollutri.

Il vero aspetto di questo abitato si ricava invece dalle carte settecentesche che ce lo descrivono in modo certo e che in sintesi si riporta.

Arrivando da Monteodorisio, dopo essere passati davanti ai ruderi di San Barbato, si giungeva a destinazione trovando un largo con la chiesa della Madonna.

Da qui iniziavano le prime case fiancheggianti la strada che conduceva alla Porta della Terra da cui si entrava nel paese di forma allungata trovandosi subito sulla strada principale, brecciata, con vicoli trasversali che dividevano le case a due piani.

Poi, proseguendo, si trovava a sinistra la pubblica piazza davanti alla chiesa madre che sulla facciata aveva la porta di entrata.

La chiesa, dedicata a San Salvatore, era ad una navata coperta a tetto ed aveva cinque cappelle; quella dedicata a San Nicola era molto curata. Nel campanile a due ordini vi erano due campane.

Tornando in piazza e proseguendo il cammino si usciva dal centro attraverso "il ristretto" formato da due grossi palazzi che si fronteggiavano; non esisteva alcuna porta. Da qui iniziava il borgo di S. Rocco con le case dei cittadini e la cappella del Santo; poi la strada si innestava in quella principale che portava verso Vasto o verso Chieti.

Questa dettagliata descrizione corrisponde, in sostanza, allo stato attuale di Pollutri che al visitatore che entra nel suo centro fa subito provare la sensazione di essere tornato indietro nel tempo: sensazione che si percepisce già all'atto di passare lì dove una volta c'era la Porta della Terra.

Se poi con un po' di fantasia egli riaprisse la porta della Chiesa Madre sul fianco dove ora ci sono le lapidi; togliesse l'attuale facciata principale e vi riaccostasse il gruppo di case abbattute a metà del Novecento per creare facciata e piazza attuali e poi spostandosi sulla strada guardasse verso l'uscita potrebbe dire di essere in pieno Settecento, impressione che è rafforzata passando attraverso il "ristretto della Terra", intatto, costituito dai due palazzi di Mucci e di D'Agostino, ma una volta dei Sabelli.

Poi si apre la visione ariosa dei colli e della vallata con la monumentale "Fonte vecchia".

                                                                             Vittorio Aruffo


La Chiesa del Santissimo Salvatore

È sita in piazza della chiesa. Risulta costruita prima del 1324-25 con trasformazioni nei secoli XVIII-XIX. Anticamente la chiesa aveva una pianta rettangolare ad aula unica. Nel 1703 l'abate Pacichelli illustra la chiesa dotata di una torre campanaria cuspidata. La facciata attuale è in stile neoromanico. I muri sono realizzati in laterizi. In origine aveva l'ingresso era sul lato destro dell'edificio, in effetti, la facciata è stata rimaneggiata nel XX secolo. Il rivestimento è del 1972 con la struttura portante realizzata in travetti. L'interno, a tre navate separate da colonne con volta a botte e cappelle laterali, di cui la cappella centrale sinistra dedicata a San Nicola di Bari, patrono di Pollutri conserva all'interno una statua lignea del santo (risalente al XIII secolo) posta sopra l'altare sopra cui vi è un affresco del 1926 del pittore molisano A. Trivisonno. La chiesa ha una struttura ad "L". Gli stucchi all'interno sono stati realizzati durante la prima metà del XIX secolo di cui sopravvivono alcune tracce delle dorature originali, in quanto in restauri recenti sono stati ridipinti.


La Chiesa di San Rocco

La Chiesa intitolata a San Rocco, da cui il Borgo prende denominazione, venne costruita nel 1524, successivamente ricostruita, una volta nel 1657 ed una seconda volta nel 1837 come risulta da alcune iscrizioni su mattoni trovati nel corso dell'ultima ricostruzione risalente al 1929. Nel dicembre 1856 si provvede alla realizzazione dell'urna e della bara di Gesù Cristo morto. La Cappella presenta un Altere e una nicchia ove è situata la Statua del Santo, che viene celebrato per devozione.


Palazzo Mucci

Il nucleo abitativo più antico di Pollutri, di forma ellittica, comprendeva una strada principale, da cui ancora oggi si dipartono i vicoli trasversali di accesso alle abitazioni e collegava le due porte contrapposte con la piazza della Chiesa del S.S. Salvatore. Il tratto di strada ad OVEST costituiva l'accesso alla Chiesa e si apriva su uno slargo esterno: Piano della Porta. Il tratto ad EST, denominato Via della Chiesa angusto e sovrastato da alti edifici, collegava l'antico centro con il Borgo detto di San Rocco. Palazzo Mucci è l'elemento terminale de nucleo edilizio adiacente alla Chiesa. Una facciata laterale del Palazzo incombe sul vico della Chiesa, quella opposta si affaccia sul vallone di San Barbato, mentre la facciata principale si apre sul piazzale antistante l'ingresso ad EST. Il fabbricato attuale è il risultato di opere di ampliamento dell'antica struttura avvenute in epoche successive fra il '700 e l'inizio dell' '800. L'edificio è costituito da un piano terra destinato a deposito, granaio e cantina; un primo ed un secondo piano destinasti ad abitazione distribuiti intorno al vano scala, un sottotetto abitabile e un piano seminterrato adibito a rimessa. La parte più antica del palazzo si sviluppa ad una quota inferiore al piano terra, sicuramente di epoca medievale. Il palazzo è stato ristrutturato intorno alla metà del 1700 quasi certamente da parte di maestranze di area napoletana della scuola del Vanvitelli e del Fischetti, brillante decoratore della Reggia di Caserta. Iniziando dall'androne di ingresso, proseguendo con il vano scala e poi con stanze interne, sia le pareti che le volte sono state decorate con fondi colorati, fasce, partiture che ricordano il caratteristico modo di dipingere le pareti del "primo stile pompeiano". Sulla volta a botte dell'androne è rappresentato lo stemma gentilizio sorretto da putti. Le pareti laterali dell'androne presentano otto nicchie ellittiche cinte da una corona di alloro in cartapesta, che ospitano busti in gesso, raffiguranti personaggi mitologici e storici. La gradinata che conduce ai piani superiori presenta una ringhiera con elementi verticali in ghisa riccamente ornata ed è illuminata da 3 finestroni circolari con infissi a raggera. Sulla volta del vano scala una Vittoria Alata conclude le pitturazioni parietali. Nel Palazzo trova posto una piccola cappella dedicata a San Francesco di Paola.

                                                                          Giovanna Mucci


Palazzo Del Re

Non reggia ma "magione dei Del Re", attualmente ripartita in due rami detti "prima casa" e "seconda casa", appare come una striscia longitudinale imponente, prolungata molto fuori del piano urbanistico consolidato, stravolge le vie d'ingresso uscita fissate in precedenza, divenuto il perno del paese, tutti i cittadini nella dinamica quotidiana devono necessariamente girare intorno all'edificio. Invece, in retrofacciata, il palazzo guarda il mare e chilometri di costa con culmini di avvistamento: la torre di Casalbordino, il campanile dei Miracoli, il faro di Punta Penna. Fu costruito approssimativamente dal 1735 al 1759. Si edifica a galleria di pilastri e contropilastri fusi in razionale rapporto di calcoli, secondo criteri pitagorici, in particolare 13 balconi, 3 cortili, 2 enormi portoni, un giardino, su ogni portafinestra un timpano, cioè il triangolo pitagorico e nell'unico angolo retto a 90 gradi, la stanza privata di Don Pompeo, il più longevo reggitore del casato cui tutta la dinastia deve educazione, buon nome ed eredità di affetti. Compito dei Del Re venuti in Abruzzo era il ridisegno della mappa politico-finanziaria del territorio in relazione al catasto carolino di Re Carlo III consistente principalmente nello stabilire distinzione fra campi coltivati, campi di battaglia e campi di transito cioè tratturi, avendo accesso alla Corte di Napoli fino al consiglio della corona organismo del quale per molti anni fecero parte e riportavano poi localmente le direttive. Per quanto riguarda l'architettura, facevano da sè in quanto avevano tra i loro parenti Vincenzo Del Re (1705-1762) architetto del palazzo reale di Portici e Marc'Antonio Del Re (1697-1776) progettista ambientale, di cui si conservano le incisioni nella raccolta Bertarelli (Milano, Castello Sforzesco). Famiglia nota anche all'estero (in Francia i Du Roy, in Spagna i Del Rey e Fiz-Roy in Inghilterra). E' l'edificio con maggior numero di stanze, circa metà delle quali ancora affrescate. Sono pitture di decorazione ma soprattutto ideologiche: il ritorno di Ulisse (sala d'ingresso), le muse ospitali (salotto da musica), il trionfo dell'armonia (sala da ballo) gli scrittori toscani: Dante, Petrarca, Boccaccio, Macchiavelli (biblioteca), la coppa di Nausica (camera da pranzo), il risveglio degli amorini (camera da letto). Le pitture derivano generalmente da cartoni di Filippo Falciatore (1741-1786), mentre i contorni floreali fanno riferimento ad epigoni di Mario Nuzzi (1603-1673). Della cultura eclettica di famiglia è multiforme testimonianza il giardino coltivato senza colori né fiori ma con prevalenza dell'elemento verde declinato in tutte le sue sfumature . Ad esempio troviamo il viridarium, giardino di derivazione umanistica-rinascimentale. Ricco di intenzioni filosofiche ma anche di funzioni pratiche, infatti, occupando un'area uguale alla superficie del tetto, semplifica la capacità ospitativa interna nel caso di visite di grandi personaggi mentre al livello pratico è una privata per alloggiare cavalli, carrozze, equipaggi. Arbusti pregiati, mirto, alloro, ruta, rispecchiano concetti simbolici, piante officinale principi pratici medici o curativi. Territorio dell'aristocrazia intellettuale formata da cultori della filosofia ellenica che stabilisce una correlazione inscindibile tra il bello e il buono. I visitatori si accorgono della grande somiglianza con altri palazzi artistici di città.

                                                          Dr. Carlo Umberto Del Re


Palazzo D'Agostino

Sorto secondo una tipologia edilizia abitualmente definita casatorre è stato edificato per sovrapposizione verticale. Probabilmente ha antecedenti tardomedievali con murature a secco fatte di doppie pareti parallele in mattoni cementati da malta e cocciopesto contenente una intercapedine riempita da detriti e materiali di recupero per aumentare la solidità delle fondamenta e rendere più resistente il terreno in pendenza. Alcuni interstizi lasciati vuoti introducono a dei camminamenti, nascondigli, scalette che ricompaiono durante i lavori di restauro. Fondazione ex baronale, vi si esercitavano i diritti feudali e successivamente venne utilizzata anche come piccolo arengario perché dalla finestra principale i maggiorenti arringavano il popolo riunito in piazza. In senso democratico avevano concessione di asilo pro tempore viandanti e pellegrini di passaggio sistemati a dormire dentro alloggiamenti spontanei, tutelati anche dalla vicinanza con la Chiesa del SS. Salvatore contigua e pressoché collegata giorno e notte. Commistione laico-devozionale-protettiva ribadita dal pregevole porticato quasi claustrale o perlomeno recinto franco dove non mancava pozzo per l'acqua da bere e focolari per il cibo  . Parallelamente c'era anche un fiorire di scambi, di commerci , di affari di mercato e compravendita. La cappella privata al piano superiore gelosamente conservata, veniva aperta ala pubblico nel giorno della devozione del S. patrono S. Nicola nella ricorrenza del suo Dies Natalis, il 6 Dicembre, culminante nel cerimoniale celebrativo detto Festa delle fave , tradizione mantenuta in vita, folkloristica e popolaresca nella gara tra i giovani del paese del falò acceso per primo con la cottura dei baccelli all'ora del tramonto. Il luogo sacro, interamente tappezzato con parati cruciformi geometrici di squillanti tonalità blu-azzurro cobalto e dall'altare senza interventi moderni, mantiene intatto un ricco corredo in dotazione: argenti, tessuti e apparato liturgico per dire messa secondo i canoni tridentini di Papa Pio V (San Michele Ghisleri). La sensibilità al servizio sociale dei proprietari ha visto Francesco generale dell'esercito risorgimentale, Michele cavaliere dell'ordine di Malta e via via capitani d'industria, pubblici amministratori, figure istituzionali dello Stato, presidente di cooperativa. A conclusione, la sala maestra del palazzo esibisce lungo le pareti un repertorio di pastorellerie e scene venatorie su un fondale a tutto campo di carta da parati alla francese creata al telaio, divenuta celebre fra gli amici e i conoscenti, memoria iconografica dell'esperienza degli avi che furono rinomati cacciatori e collezionisti di balistica. 

                                                                      Dr. Carlo Umberto Del Re 


Bosco di Don Venanzio

Il bosco di Don Venanzio rappresenta un relitto di formazione forestale igrofila ancora ben conservato e sicuramente un tempo molto più esteso. Le originarie foreste planiziari dei fiumi abruzzesi, al pari di altre simili realtà nella penisola, hanno subito drastiche riduzioni per fare spazio all'agricoltura. Con l'eversione della feudalità e la crisi della pastorizia transumante molte terre furono disboscate e messe a coltura e oggi solo i toponimi sono testimoni di questi interessanti boschi scomparsi. Due diverse mappe, risalenti all'inizio del XIX secolo, documentano molto bene la presenza dei boschi ancora diffusi lungo il fiume Sinello. Già nel 1861 vennero avviate le operazioni di assegnazione delle terre ai contadini e all'epoca della costruzione della ferrovia adriatica, gran parte del bosco fu utilizzato per la realizzazione di traversine ferroviarie. L'ultima riduzione è risalente al 1925.

Il primo a rilevare l'importanza scientifica di questo relitto è stato, negli anni '60, il botanico Franco Pedrotti. A seguito di tale scoperta, il Bosco di Don Venanzio, così denominato dal nome dell'ultimo proprietario, è stato inserito nel 1971 dalla Società Botanica Italiana nel Censimento dei biotopi di rilevante interesse vegetazionale e nel 1979 istituito come prima "area protetta" in Abruzzo insieme alla Lecceta di Torino di Sangro. Nel 1980 è stato inserito nella Lista delle foreste ripariali d'Italia censite dalla Società Botanica Italiana, e con L. 128 del 1999 riconosciuto Riserva Naturale Regionale Guidata. Recentemente l'importanza del Bosco è stata rimarcata a livello nazionale dall'identificazione del Sito quale IPA (Important Plant Areas).

L'attuale bosco si estende su tre distinti terrazzi alluvionali a ca. 25 metri slm, dalla morfologia diversificata, e con la presenza di specie vegetali che normalmente si trovano a quote ben più elevate. Il primo terrazzo, il più antico, è quello su cui sorge la casa colonica ed è completamente posto a coltura. Scendendo verso il fiume, il secondo terrazzo lo troviamo completamente ricoperto da bosco e ne rappresenta anche la parte più interessante. Sul terzo e ultimo terrazzo è invece presente una formazione forestale più eterogenea con prevalenza di pioppo bianco, spesso interrotta da radure con piccoli canneti. All'interno del bosco sono rappresentate tre importanti tipologie vegetazionali. L'aggruppamento più interessante è quello del secondo terrazzo, il querco-carpineto, costituito da Farnia, Carpino bianco, Frassino meridionale, Cerro e altre specie con entità tipiche delle faggete, Anemone degli Appennini, Bucaneve, Giglio rosso e Aglio pendulo.

Sempre sul secondo terrazzo, è presente il Carici-Frassineto, istituita dal prof. Pedrotti proprio per questo bosco, associazione che in Abruzzo è presente in poche località.

Le indagini condotte sulla flora e sugli aspetti fitosociologici hanno consentito di determinare ben 11 habitat di interesse comunitario.

La Riserva vanta un'alta biodiversità anche dal punto di vista faunistico.

Tra i rettili troviamo la rara Testuggine palustre, il Saettone e il Cervone; la ricchezza di acqua favorisce anche la presenza di anfibi come i Tritoni e la Raganella.

La classe più abbondante e diversificata è quella avifaunistica. Nel bosco sono abbondanti i passeriformi, e in particolare i Silvidi ma anche specie di ambienti forestali più mesofili. Tra i rapaci più diffusi meritano particolare attenzione il Nibbio reale e il Nibbio bruno. La Valle del Sinello rappresenta l'areale principale in Abruzzo per la Ghiandaia marina, seppur non presente come nidificante all'interno della Riserva, frequenta le aree strettamente limitrofe.

I mammiferi sono ben rappresentati, dalla comune Volpe ai più elusivi mustelidi, negli ultimi anni il Capriolo è divenuto frequente e anche il Lupo appenninico ha ricolonizzato dopo quasi due secoli il territorio. I dati sulla Lontra confermano potenzialità elevate che potrebbero consentire la presenza della specie.

                                                                           Mario Pellegrini


La  Casa di San Nicola

La Casa di San Nicola è un edificio storico adibito oggi a sede del Comitato feste che si occupa della preparazione e svolgimento delle due tradizionali festività del Santo Patrono.

Sicuramente esistente nel Seicento, non nelle attuali forme e dimensioni, era un grossa casa di proprietà dei Signori D'Avalos, marchesi del Vasto e proprietari della contea di Monteodorisio di cui Pollutri faceva parte.

L'edificio, per le sue dimensioni rispetto all'abitato circostante, era indicato come Casa Palaziata; serviva come luogo per ammassare le derrate spettanti al Signore e come ricetto per il suo procuratore quando veniva in visita o per le riscossioni.

A cominciare dal 1591, dopo le dure prescrizioni volute dal Vescovo di Chieti, la Confraternita di S. Nicola che si era costituita non sperpera più tutto il danaro che la Cappella del Santo riceveva e saggiamente, con il tempo, riesce ad accumulare un rispettabile patrimonio costituito da case, terre, animali da lavoro e commerci tanto, che nel 1702 decide di acquistare la Palaziata. (V. Aruffo, San Nicola e la supremazia sconosciuta di Pollutri,Pro Loco Pollutri, 2020)

Si era, infatti, verificata un'occasione favorevole.

Era allora Utile Patrone - nel senso di padrone e patrono - della contea il signor don Cesare Michelangelo d'Avalos d'Aquino d'Aragona, marchese del Vasto con tutti gli altri suoi 30 e passa predicati. Se nonché don Cesare si ritrova coinvolto nella congiura ordita da un gruppo di nobili che volevano uccidere il viceré.

Essendo stato scoperto deve lasciare il territorio del Regno e rifugiarsi a Vienna dove seguita a condurre una vita dispendiosa che egli si poteva permettere grazie al suo enorme patrimonio fondiario, estendentesi su una fascia da Francavilla a Mare alla Puglia, e grazie anche all'attività di contrabbando di grano, tabacco e sale che egli praticava con gusto, "alla faccia" della Corona spagnola.

Nel 1702 don Cesare, avendo bisogno di liquidità immediata, ordina al suo emissario di vendere la Casa Palaziata di Pollutri e, per mostrare la sua benevolenza e la sua dedizione per il Glorioso Santo, si accontenta di soli 400 tomoli di grano (circa 176 quintali) e di un pezzo di terra in contrada Lame.

La Casa sarà chiamata "Casa di San Nicola"; sarà usata per le attività della Cappella del Santo ed una parte sarà concessa all'Università (il Comune) per le riunioni del Consiglio.

Nel corso dell'Ottocento e del Novecento l'edificio subirà radicali modifiche che lo porteranno allo stato attuale.

                                                                             Vittorio Aruffo


Monumento ai caduti

Appena fuori la "Porta della Terra" si trova il monumento ai Caduti.

Al termine della Grande Guerra 1915-18 l'Amministrazione pollutrese pensò di rendere omaggio ai propri caduti e così nel 1921 fece apporre una lapide ricordo sulla facciata della Chiesa.

In seguito, costituitosi un comitato che raccolse i fondi necessari, fu realizzato il monumento che ancora oggi si ammira.

Sull'alto basamento che si stacca dal piano di calpestio, sulla scritta dedicatoria, svetta la figura di un fante in posizione di riposo: sguardo severo, arma a terra e mano sinistra al fianco.

L'opera, realizzata in bronzo, è di un vero realismo. I nomi dei caduti e dei dispersi sono stati incisi sul marmo del piedistallo.

L'inaugurazione, con una cerimonia in gran pompa e alla presenza di importanti autorità provinciali, avvenne nel 1926.

                                                                             Vittorio Aruffo


La Fonte Vecchia

Nella metà del Settecento (1742) Pollutri disponeva di tre fontane pubbliche in paese. Fuori dall'abitato vi è la Fonte Vecchia (in foto) la quale aveva certamente un nome che però venne dimenticato per cui iniziò ad essere chiamata Vecchia. Una trentina di anni dopo, verso il 1770, da alcune cannelle della Fonte Vecchia l'acqua esce con difficoltà ed allora il Consiglio Comunale pensa di costruire una nuova fontana, la Fonte Nuova, che però non venne mai realizzata. Nel 1800 comunque la Fonte era attiva, forse venne ripulita nei condotti che portavano acqua nelle cannelle (ma di questo non si hanno notizie certe) una piena attività di quest'ultima si ebbe nel primo ventennio del Novecento.


Palazzo Mucci (Nicola)

La famiglia Mucci (Gia Muzi-Mutii) è presente a Pollutri con prove scritte già dal sedicesimo secolo , era nostro antenato quel l'Alessandro cui comparve nel suo terreno la Madonna , poi traslata a Casalbordino nel santuario dei Miracoli , l'albero genealogico conservato nella casa di via del torno 19 risale con precisione sino alla fine del 700" ma in testimonianze familiari si parla di gens Mutia già in epoca tardo romana .A metà del 800 Nicola Mucci figlio di Tiberio , abitante nella attuale casa del Dott. Tinari, poco distante , dove ancora è presente nel portone la sigla TM (Tiberio Mucci) medico fisico, ovvero chirurgo, ostetrico , internista (professione che in famiglia si alternava con medico chimico/farmacista). Per dissapori col padre che intendeva da patriarca gestire anche i suoi guadagni e proprietà, lascia la casa paterna e prende possesso di alcune abitazioni a pianterreno site dove è l'attuale casa di via del torno , che provenivano dalla sua eredità materna e va ad abitare li dove lascia di sua mano un cartello che afferma "Dio Benedica questa casa, nella quale i Mucci entrarono nel 1852 e usciranno quando Dio Vorrà" l'ingresso era sulla discesa a sinistra dell'attuale edificio, con un portoncino tutt'ora in uso, con serratura e struttura originali. Successivi lavori, unificano altre strutture cantine e giardino, con mattonato e volte settecentesche sino al completamento dei lavori due generazioni dopo passando per Tiberio (Farmacista) figlio di Nicola premorto al padre per una infezione, forse una setticemia presa in farmacia nel 1905 e per Nicola figlio di Tiberio e futuro medico condotto per oltre 40 anni a Pollutri che concluse i lavori nel 1920 anno del suo matrimonio con Eleonora Del Re, giusta indicazione sotto il balcone prospiciente il portone di ingresso principale su via del torno. Nella casa con successive ristrutturazioni moderne si avverte ancora lo stile liberty, in alcuni mobili o nelle porte interne, si conserva una biblioteca storica con testi di medicina, ma anche di storia e letteratura risalenti a secoli passati . Degna di attenzione la sala di ricevimento del medico, ora sala delle lauree dove sono conservate le lauree di famiglia a partire a da quella del costruttore della casa Nicola 1820 /1905 datata intorno al 1850 conseguita a Napoli e recante i bolli e le decorazioni dell'allora Re di Napoli Francesco I di Borbone. Attualmente parte della casa è adibita a ospitalità estiva in forma di appartamento separato e bed and breakfast e gli attuali proprietari si occupano di una fiorente azienda agricola in località Zimarino di Vasto e sono impegnati nella attività teatrale e cinematografica.

                                                                                   Niko Mucci


Aree verdi

Orto di San Nicola

La casa con l'orto - di fianco, di dietro, davanti o di fronte oltre la strada - è una configurazione tipica dei nostri paesi; a Pollutri si conservano ancora esempi.

Il cosiddetto "Orto di San Nicola", oggi parco pubblico, in origine era l'orto della Casa Palaziata, una delle tante proprietà dei Signori d'Avalos di Vasto la quale nel 1702 cambiò padrone a seguito della vendita della "Casa" alla Confraternita di San Nicola.
Questa società, oltre a curare l'altare del Santo e le cose connesse, portava avanti attività pratiche ed economiche per cui comincia a gestire anche il prestito con interesse del grano necessario per l'agricoltura, realizzando, con il tempo, un sostanzioso capitale in ducati che utilizzava per cose sacre, per beneficienza ma anche per investimenti in commerci: somme di rilievo vennero concesse sia a privati che ad enti pollitresi o meno, naturalmente sempre con adeguato interesse.
Nell'ultimo trentennio dell'Ottocento i Confratelli si resero conto di aver accumulato troppo e cominciarono a pensare a qualcosa di grande e così nel 1883 aprirono l'Asilo Infantile prendendo una delle camere a piano terra della Casa di San Nicola ed assumendo una maestra diplomata.

In seguito, nel 1921, vennero chiamate le Suore Francescane alle quali assegnarono alcune camere del primo piano, mentre all'Asilo fu dato l'intero pianterreno dell'edificio. Con l'occasione si aprì l'uscita sull'orto, si terrazzò il terreno realizzando la doppia scalinata per scendere di livello e si trasformò l'Orto di S. Nicola in giardino ad uso esclusivo dell'Asilo, recintando con un muro il terreno.

                                                                            Vittorio Aruffo 


Villa comunale

Villa Comunale sita in Via Tre Croci


Parco giochi

Parco giochi sito in Via Sant'Antonio

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